il Libro

parte I - capitolo XLIX


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La camionetta, uno degli innumerevoli veicoli privati che effettuavano percorsi alternativi a quelli dei mezzi pubblici per il trasporto urbano, correva veloce sobbalzando impietosamente sul fondo sconnesso di via Nomentana. Federico e Maria erano saliti in piazza Galeno occupando gli unici due posti liberi sulle panche ma già prima di villa Anziani erano rimasti i soli passeggeri a proseguire verso il capolinea di Città giardino, oltre l'Aniene.
Scesero al largo Sempione e si avviarono sotto il sole lungo la sponda dei fiume, alla ricerca di una radura tra i canneti. S'arrestarono dove il declivio era più dolce e sedettero sull'erba. La frescura dell'acqua alleviava l'afa del pomeriggio domenicale.
Maria era stata di parola. Un giorno aveva atteso Federico all'uscita dalla mensa e da allora gli incontri si erano ripetuti ogni sera, con disappunto di Giovanni Piscopo al quale era venuta a mancare la compagnia dell'amico nelle ore del tempo libero.
Era una ragazza svelta, Maria, sicura di sé e portata all'allegria. Anche parlando delle sue vicende intime meno felici, con la confidenza che s'era presto stabilita fra loro, aveva avuto l'aria di sorridere di se stessa. Federico aveva così saputo che era fidanzata con un giovane che non vedeva da oltre due anni, da quando lui aveva fruito dell'ultima licenza militare prima di essere spedito in Albania da dove non aveva dato più notizie già da alcuni mesi. Si conoscevano da ragazzi, s'erano sempre voluti bene e a causa della guerra avevano rinviato il loro progetto di matrimonio.
«Ma già da tempo eravamo come marito e moglie e debbo dirti che non ne ho un buon ricordo. Mi è sempre sembrato tutto così squallido, equivoco, forse perché lo facevamo spesso anche a casa mia, come era successo la prima volta, mentre i miei genitori erano nell'altra stanza senza sospettare nulla. E in quell’amore furtivo, mentre lui dava l'impressione di compiacersi del rischio, io... ebbene, se c'è una cosa che mi da ancora immenso fastidio è pensare alle posizioni in cui lo facevamo!»
Aveva risposto con la stessa disinvolta franchezza quando Federico aveva voluto sapere quali sentimenti nutrisse ancora per l'altro:
«Spero che torni, che si sia salvato, perché gli sono affezionata, ma so anche che sarà un problema perché durante questa lunga separazione ho potuto riflettere e mi sono convinta di non desiderare di trascorrere tutta la vita con lui. Non ha un bel carattere. Ricordo ancora quante volte mi ha fatto piangere disperatamente perché dopo banali litigi si ostinava a non rispondermi al telefono. Una volta abbiamo avuto una discussione per la strada e lui, incollerito, è saltato su un tram che stava passando. L'ho inseguito e per trattenerlo ho afferrato la cintura del suo cappotto, che però si è sfilata. Da allora mi sono rivista mille volte, con quella cintura penzoloni tra le mani e gli occhi pieni di lacrime, come una compassionevole idiota attorniata dalla gente, mentre il tram s'allontanava con lui che mi volgeva le spalle.»
(...)