il Libro

parte I - capitolo XXXI


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Da dieci giorni le forze di sbarco alleate tentavano di respingere i contrattacchi tedeschi. La battaglia infuriava a sud di Salerno, mentre a nord i mezzi corazzati della XV divisione Panzergrenadier si limitavano a un'azione di contenimento che impediva ai reparti anglo-americani che avevano preso terra a Vietri sul Mare e in altre spiagge della costiera amalfitana di raggiungere la strada statale verso Napoli. Il destino storico dell'Italia si ripeteva. Ancora una volta, benché gli italiani avessero deposto le armi impugnate velleitariamente, il loto suolo diveniva campo di battaglia di eserciti stranieri.
I tedeschi controllavano a distanza la posizione di Vietri. Avevano installato una batteria dì lanciarazzi a Santa Lucia, una contrada all'estremità settentrionale di Cava dei Tirreni, e da lì tenevano sotto il fuoco la testa di ponte, con salve che laceravano l'aria per alcuni interminabili secondi facendola vibrare spaventosamente. Gli alleati reagivano con l'artiglieria pesante e non passava giorno senza che prolungati cannoneggiamenti ricoprissero tutta la valle sotto una gigantesca coltre di fumo che si dissolveva lentamente, alla fine, risalendo come nebbia lungo le colline. Quando l'abitato ridiventava visibile, Federico si arrampicava sul solaio della casa colonica dov'era sfollato con la famiglia e cercava ansiosamente di individuare a distanza la propria casa per accertarsi che esistesse ancora.
La fuga dal paese era stata massiccia e precipitosa subito dopo il ritorno dei tedeschi. Migliaia di persone impaurite s'erano rifugiate sulle alture circostanti e i più fortunati avevano trovato ospitalità nei borghi o nei casolari contadini, mentre a molti altri non era rimasto che accamparsi all'aperto sperando nella clemenza del tempo. Nessuno però era al sicuro, perché granate isolate esplodevano di tanto in tanto qui e là e accadeva anche che bombe venissero sganciate da velivoli in perlustrazione. Gli alleati erano padroni incontrastati dello spazio aereo. La Luftwaffe non aveva fatto altre apparizioni dopo essersi misurata, all'inizio, con un numeroso stormo alleato proprio nel ciclo di Cava. Provenienti da opposte direzioni le due formazioni avevano concluso l'avvicinamento a ranghi serrati disperdendosi fulmineamente, come nugolì di mosche impazzite, alle prime raffiche di mitraglia. Il crepitio delle armi s'era fatto infernale e gli aerei avevano ingaggiato frenetici duelli volteggiando in un folle carosello che gradualmente era andato spostandosi verso il mare, oltre le montagne, sino a scomparire alla vista. Mentre l'eco della battaglia s'allontanava nel cielo, Federico s'era chiesto di quale disperato coraggio avessero bisogno, quegli uomini lassù, per giocarsi la vita in quel modo.
Quasi tutti i giorni scendeva in paese per recarsi a casa. Lo faceva nelle prime ore del mattino, quando il fronte taceva, e al ritorno portava con sé oggetti e indumenti indispensabili per superare i mille disagi dell'esodo improvvisato. S'era provvisto di qualche stoviglia, di posate, di alcuni tegami e del macinino del caffè, che utilizzava per ricavare faticosamente dal grano un pugno dì farina che, con l'aggiunta di latte e zucchero, costituiva la cena giornaliera.
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