il Libro

parte I - capitolo XLII


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Modera aveva avuto ragione, Federico si trovò presto impegnato in un lavoro senza sosta. Le iscrizioni all'associazione si moltiplicarono velocemente per rallentare soltanto dopo aver superato il centinaio e intanto Morelli continuava a procurare numerosi assortimenti di ottima merce.
Con il consenso dell'avvocato Federico acquistò per sé un taglio d'abito, biancheria intima e un paio di camicie oltre a tessuto leggero per la madre e la sorella e una camicia per il padre. Spese in tutto milleseicento lire, ne versò trecento e per la rimanenza accese in contabilità un debito a proprio nome.
In famiglia lo ringraziarono senza esaltarsi. Luigia aveva mille cose di cui lamentarsi malgrado l'impiego del figlio avesse alleggerito il problema alimentare, peraltro non suo perché, a causa del continuo peggioramento della salute, mangiava ormai pochissimo e prevalentemente a base di latte. La sorella era triste, cupa, evidentemente anelante di vivere la propria giovinezza, travagliata invece dai tempi, dalle circostanze e dai condizionamenti dell'educazione avuta. Girolamo stava uscendo dalla sua depressione ma esclusivamente a proprio profitto. Trascorreva quasi tulio il tempo fuori di casa, non dava segno di volersi preoccupare delle condizioni desolanti dell'appartamento a seguito delle vicende subite, aveva autoritari rigurgiti d'interessamento soltanto quando gli avveniva d'essere contrariato nelle personali esigenze. La trasformazione del padre riproponeva a Federico le riflessioni sulla funzione della famiglia ricordandogli il tempo in cui la credeva rifugio tanto più sicuro quanto più gravi i problemi dei suoi membri.
Si rendeva conto della necessità di rendere più incisiva la propria partecipazione all'andamento di casa ma non ci riusciva per la stanchezza anche fisica che al termine delle sue lunghe giornate, solitamente intorno alla mezzanotte, gli faceva desiderare unicamente di coricarsi. Cadeva subito in un sonno profondo che lo vinceva irresistibilmente malgrado avesse scoperto che senza l'abituale riepilogo mentale del lavoro svolto nel giorno incorreva in dimenticanze anche non trascurabili. Inconsciamente, però, sfuggiva i problemi di famiglia anche per evitare, col padre, un confronto che ineluttabilmente andava maturando ma al quale non si sentiva pronto.
Pensare di meno e muoversi di più, sotto la spinta talvolta frenetica del lavoro, giovava però alla sua serenità liberandolo dai crucci che solitamente l'angustiavano. Imparò a bere il vino durante i pasti - quante volte il padre l'aveva inutilmente stimolato a farlo, ancora ragazzo, dicendogli che il vino fa buon sangue! - per sentirsi più pronto all'euforia che prendeva un po' tutti prima di tornare al lavoro. Era il momento del cameratismo anche con le dattilografe, alcune non prive di grazia e palesemente disponibili. Con un paio di esse aveva stabilito un buon rapporto confidenziale senza però cercare di dargli un seguito perché il solo sesso non l'attraeva, sapeva bene di non avere al riguardo alcuna rassomiglianza col padre.
(...)