il Libro
parte seconda - capitolo cinquantanduesimo
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Capitoli presenti nella prima parte:
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Nei primi giorni del mese di aprile le truppe alleate, che l'inverno aveva bloccato alle porte di Bologna, ripresero l'offensiva contro i tedeschi sul fronte italiano. L'azione coincise con l'intensificazione della lotta partigiana che le formazioni clandestine, sotto la spinta delle forze politiche ostili al fascismo e con l'aiuto degli angloamericani, conducevano ormai sistematicamente nei territori occupati dai nazisti e controllati dalla Repubblica di Salò.
L'eco delle vicende militari giungeva attutita al sud, dove le popolazioni erano impegnate in una ripresa che, stentata all'inizio, si faceva via vìa più sicura alimentando la fiducia di riguadagnare accettabili condizioni di vita con insperata rapidità e per ciò stesso stimolando i risorgenti attivismi politici in cerca di spazi per il futuro sempre più vicino.
Nuccio Girardelli si muoveva incessantemente per la propaganda del partito con l'obiettivo di sviluppare i consensi soprattutto fra i giovani intellettuali. Aveva vissuto per alcuni mesi a Roma, dove aveva conosciuto autorevoli membri dei comitati di liberazione e alcuni comandanti delle formazioni "Garibaldi", e dopo una accelerata preparazione dottrinaria era stato nuovamente destinato alla regione di origine per curare anche le premesse della personale affermazione. L'aspetto quasi ascetico della sua figura era stato giudicato un naturale e prezioso requisito per l'opera di proselitismo.
Era tornato a Salerno, con immensa gioia della madre, ma non aveva cercato di rivedere Teresa. L'amava ancora ma sapeva di dover considerare dolorosamente preminente il rispetto della maternità che in lei si era repentinamente risvegliata e riconosceva anche in se stesso un rifiuto a posporre la dedizione politica a qualsiasi altro sentimento. Si era accontentato di apprendere che la donna viveva con la famiglia e che, come il marito, continuava a insegnare.
Egli aveva curato di inserirsi, come gli era stato suggerito, negli ambienti degli imprenditori, che si moltiplicavano di giorno in giorno, e degli studenti. Con l'aiuto delle cellule provinciali organizzava incontri che il più delle volte dovevano apparire occasionali e durante i quali esponeva le proprie idee con una dialettica che la pratica rendeva sempre più sciolta e persuasiva. Aveva imparato a introdurre l'argomento da lontano e stava attento a evitare le forzature. Non si lasciava prendere dalla foga, che peraltro non faceva parte del suo temperamento, e non improvvisava se non decisamente costretto, badando bene in ogni caso a non commettere errori. Aveva capito presto che la politica è soprattutto l'arte del dire, come si divertiva a pensare che non fosse stato invece compreso da tutti i neofiti. Era di quei giorni l'episodio di un attivista di basso profilo ma di grandi ambizioni che, rivolgendosi in pubblico a un numeroso uditorio, aveva affermato tra l'altro che la nuova politica era da considerare in Italia una cosa estremamente seria, fuori dalla velleitaria teatralità del passato regime, concludendo con enfasi: «Noi siamo gli uomini del futuro, non facciamo americanate!» Ne era scaturito un incidente diplomatico con alti ufficiali statunitensi che avevano protestato violentemente esigendo formali scuse.
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