il Libro

parte seconda - capitolo sessantesimo

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La madre di Luciana era stata di parola.
Non le fu difficile convincere la figlia a dimenticare Federico. Ottenne anzi il risultato con una rapidità che dapprima la sorprese piacevolmente e poi, stimolando un inizio di resipiscenza, le produsse un vago malessere.
Quando il treno era partito dalla stazione di Salerno Luciana aveva posto mentalmente fine al suo amore per Federico. L'ultima sua ostinata speranza di scorgere il giovane comparire sulla banchina prima che il convoglio si mettesse in movimento era svanita, inghiottita dal buio verso il quale s'inoltrava il viaggio. Da quel momento ebbe inizio un tempo nel quale ella si vide vivere come una figura fuori di se stessa, dotata di propria indipendenza e dai contorni imprecisi come fosse avvolta nella nebbia. Quando provò a ragionare capì che quella nebbia era il rancore che aveva dentro.
Tutto l'amore che aveva provato per quell'uomo si era mutato in rancore livido. L'aveva lasciata a se stessa rifiutandole la sua protezione, l'aveva colpevolizzata e aveva preteso da lei una forza che neanche egli aveva dimostrato di possedere. Si era chiamato fuori gioco rinnegando egli stesso l'amore al quale diceva di ispirarsi sopra ogni altra cosa. Quante volte le aveva ripetuto che l'amore è una pianticella che va curata giorno dopo giorno, come una creatura fragile e bella? Con un sol colpo di cesoie l'aveva brutalmente recisa di netto.
Non aveva saputo stare al gioco impietoso che aveva ingaggiato con la madre di lei e che era consistito nella disputa della sua persona. Nessuno dei due si era reso conto che erano giunti a contendersi un animo umano come se fosse un oggetto, una cosa inerte di cui vantare il possesso. Nessuno aveva pensato a lei, ad aiutarla. O se uno dei due aveva ritenuto di farlo, sia pure sbagliando, era stata la madre che diceva di volere la sua felicità. Federico, invece, cosa aveva voluto?
Trovò Caltanissetta riposante, come un'oasi insperata. Aveva sempre pensato alle regioni interne della Sicilia come a contrade arcigne, inospitali, e scoprì invece una cittadina accattivante sotto il cielo luminoso, strade ordinate, persone cortesi, una laboriosità priva di frenesie ma sicura e decisa. La famiglia della zia l'accolse con calore ed entusiasmo, le cugine la fecero sentire immediatamente a suo agio, l'avvolsero nella loro felicità di vederla sino a contagiarla nel ricambiarle. Senza che l'animo le si voltasse indietro le sembrò tuttavia, istantaneamente, d'essere approdata alla serenità dopo essere scampata a un uragano. Si sentì in pace con se stessa e grata a tutto quello che scorgeva d'intorno. Convenne sul programma di studio che la zia aveva predisposto per lei e dall'espressione degli altri capì d'essere tornata finalmente a sorridere, spensierata.
Il suo arrivo a Caltanissetta non passò inosservato. Non lo sarebbe stato in ogni caso, secondo i tradizionali costumi della provincia, ma il suo seducente aspetto valse ad accrescere la curiosità dell'ambiente e a polarizzare l'interesse immediato della gioventù maschile.
(...)