il Libro
parte II - capitolo LXVIII
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Espletò l'incarico in un paio di giorni e presentò la relazione al capufficio che dopo averla sottoposta al direttore gli disse di farne una lettera per la Direzione Generale.
Era convinto di aver fatto un buon lavoro, anche se il funzionario non era stato molto espansivo. De Novellis fu esplicito: «Gli hai rotto le uova ne! paniere, non puoi pretendere che ti butti le braccia al collo. Accontentiamoci entrambi di avere smascherato la sua malafede.»
Faletti non si dava per vinto. All'uscita dal lavoro, un giorno, insisté per offrirgli un aperitivo al Bottegone, all'angolo di piazza del Duomo, e lo trattenne lungamente tentando ancora di convincerlo. Federico avrebbe voluto mandarlo al diavolo ma preferì evitare di inimicarselo del tutto, poiché frattanto aveva appreso che era imparentato alla lontana con il vice direttore, e si limitò a confermare il proprio rifiuto mostrandosi annoiato.
La noia, in effetti, stava subentrando ai suoi entusiasmi, o almeno una qual sorta di stanchezza interiore che lo rendeva sempre più cupo.
Accennava i suoi problemi a Luciana e ne aveva parole di conforto la cui serenità finì col produrre su di lui l'effetto contrario. Cominciò a credere che la moglie si ostinasse a non comprendere l'intensità delle irritazioni e degli avvilimenti che si alternavano nel suo animo e prese a convincersi che in lei l'innata gioia di vivere stesse prendendo il sopravvento su ogni altro sentimento.
Anche i De Novellis, cercando di minimizzare le ragioni dei suoi malumori, aggravavano inconsapevolmente il suo disagio. Essi non tralasciavano occasione di procurarsi distrazioni e divertimenti andando spesso al cinema, organizzando pranzi e compiendo frequenti gite domenicali fuori Firenze lasciando la bambina alla custodia dei nonni. Avrebbero voluto che i Cerioni si accompagnassero sempre a loro e non facevano mistero della propria disapprovazione ogni volta che Federico declinava gli inviti. Egli non si sentiva sempre disposto a levatacce che vanificavano i benefici dei riposi festivi e meno ancora ad affrontare i disagi e i fastidi dei piaceri cercati a ogni costo.
Il marito, la sera di una domenica che anch'essi avevano rinunziato a una gita a Lucca a causa del rifiuto dell'amico, affrontò come per caso l'argomento:
«Io proprio non capisco. Ho i tuoi stessi problemi ma cerco di non pensarci, e tu invece... E un'altra cosa, soprattutto, non capisco: come tu voglia imporre a te stesso e alla Luciana una specie di clausura. Siete giovani, dovreste amare la vita, approfittare di tutte le possibilità per muovervi, per conoscere, e invece ve ne state tappati in casa!»
Mentre parlava s'era andato infervorando, aveva preso a gesticolare vivacemente e quando aveva taciuto era pallido in volto come se avesse fatto uno sforzo per reprimere l'ira. Luciana aveva ascoltato a occhi bassi e la moglie aveva invece nello sguardo un'espressione come a dire: 'Te', beccati questo!'. Federico li aveva guardati sbalordito e aveva preferito non rispondere.
(...)