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parte II - capitolo LXI


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Vierno, che friddo 'nta stu core... Le parole della canzone, diffusa da una radio posta chissà dove, risuonarono all'interno del filobus e si persero nella lontananza quando il conducente, esaurita la fermata, chiuse le bussole riavviando la vettura lungo i tornanti che da Salerno salivano verso Cava dei Tirreni.
Fuori, nel buio già fitto della sera settembrina, l'aria pungente anticipava presagi invernali. Venti dal nord avevano spazzato l'aria privandola della consueta dolcezza del trapasso stagionale.
Federico si guardò intorno. Alla luce che scendeva fioca dalle plafoniere gli altri pochi passeggeri, abbandonati al ritmico movimento del veicolo, tacevano chiusi nei loro pensieri, con gli occhi fissi alla tenebra esterna, come presi anch'essi dalla malinconia dell'ora. Il giovane veniva dalla casa di Giovanni che era stato cortese ma gli aveva riferito, con qualche imbarazzo, di non avere notizie recenti di Luciana.
«No, non so se abbia già sostenuto gli esami», «No, non ho idea di quando torneranno».
La moglie dì Giovanni aveva scrutato Federico con malcelata curiosità. 'Vorrebbe sapere come mi sento' aveva pensato lui. 'Ma non me lo chiede perché sa bene che questa situazione riguarda soltanto me e Luciana e io non ne parlerei con nessuno, meno ancora con i parenti.'
Aveva fortemente sperato che lei non fosse partita, quella sera, che si fosse rifiutata di farlo o che la madre avesse avuto un pentimento. La disillusione gli aveva suggerito nei giorni successivi una lettera che aveva subito distrutto rendendosi conto che conteneva unicamente amari rimproveri e che, in alternativa, non gli restavano che patetiche espressioni di sconforto che voleva evitare.
Sua madre, vedendo che egli non si muoveva più da casa, era andata osservandolo con una muta interrogazione negli occhi finché lui si era deciso a raccontarle l'essenziale concludendo: «Stai tranquilla, non soffro. Ho soltanto una specie di trasalimento, di quando in quando, ma non mi abbatto.»
Aveva mentito perché il tormento non lo abbandonava un istante. Con il trascorrere del tempo aveva lottato con l'idea di andare a Caltanissetta rinunzian-dovi, da ultimo, per la certezza che la capitolazione, soprattutto nei confronti della madre di lei, lo avrebbe condannato definitivamente a intollerabili condizionamenti. Il futuro di quell'amore era già molto incerto, compromesso da una separazione nella quale sin dal primo momento egli aveva presentito oscuri pericoli.
Dava per scontato un nuovo più aspro conflitto dopo che Luciana si fosse diplomata, convinto com'era che la madre avrebbe insistito nella pretesa di farla lavorare mentre lui aveva più di una ragione per volerlo impedire.
(...)