il Libro
parte II - capitolo LXVII
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Ma l'attendeva una grossa sorpresa. In agosto la stasi commerciale aveva aggravato irrimediabilmente la crisi di un'industria di pelletterie alla quale la banca aveva concesso cospicui finanziamenti e la direzione generale, attribuendo al direttore della sede scarsa avvedutezza nella gestione del rischio, lo aveva rimosso destinando a Firenze un altro dirigente.
L'annoso antagonismo tra il vecchio titolare e il suo vice si era quindi risolto ma, come sempre accade negli avvicendamenti di potere, aveva lasciato il posto alla notte dei lunghi coltelli. Nell'incertezza dei nuovi equilibri il personale di ogni ordine e grado si dava un gran daffare per mantenere o conquistare le proprie nicchie, chi rinnegando lo schieramento al quale aveva appartenuto, chi tentando di consumare vendette e chi tentando di issarsi sulla ribalta ancora incerta. Dopo qualche giorno dal suo rientro Federico fu avvicinato dal collega Faletti, un giovane intelligente con il quale aveva un buon rapporto, e sì sentì chiedere:
«Come te la passi, ora, nel tuo ufficio?»
«Non male» rispose prudentemente. «Guardo al lavoro e non mi occupo d'altro.»
«Sì, lo capisco. Ma questi sono tempi nei quali non è sufficiente farsi i falli propri, si corre il rischio dì perdere la corriera.»
«Non mi interessano le corriere, io cammino con il mio passo» disse Federico subito infastidito.
«E fai male, proprio tu che invece potresti galoppare.» «Che vuoi dire?»
Faletti lo prese sottobraccio, volse in giro uno sguardo da cospiratore e abbassò la voce:
«II vice direttore non si è mai fatto infinocchiare dal tuo capufficio, sa benissimo che ha sempre fatto il doppio gioco, tra luì e il direttore.» «Ebbene?»
«Adesso è venuto il momento che può fargliela pagare! Tu conosci sicuramente qualche particolare, qualche episodio che può tornargli utile.» E sorrideva mellifluo.
(...)