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parte II - capitolo LVII


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II ritorno del fratello dalla prigionia fu per Luciana una gioia e un sollievo. Il prolungamento dell'attesa aveva aggravato l'ansia che manteneva la madre agitata di giorno e sveglia di notte, con inevitabili ripercussioni sulla serenità familiare. Le più recenti lettere dal lontano campo di concentramento nel Regno Unito avevano anticipato largamente l'imminenza del rimpatrio, interpretando forse più la speranza del fratello che non i veri programmi del governo britannico.
Il giovane aveva il doppio dell'età della sorella ed era, per la madre, il figlio dell'amore. Per lui la donna aveva versato lacrime senza fine al momento della separazione e si era angosciata alla notizia che lo dava disperso in Cirenaica. Lo attendeva da quattro anni, da quando l'aveva saputo vivo e in mano agli inglesi.
Era tornato in buone condizioni fisiche, benché fosse tormentato da una dispnea forse di origine nervosa che specie durante il sonno gli procurava un sonoro rantolo inspiratorio. La sua presenza era valsa a ricucire il tempo, Così era sembrato.
Giovanni era molto alto, ben fatto, somigliante alla madre nei tratti del volto. Aveva un carattere mite che lo aveva aiutato a sopportare le sofferenze patite ma che alla lunga lo aveva lasciato indifeso contro la malinconia, sempre più acuta anche dopo che con l'armistizio il trattamento dei prigionieri di guerra in Gran Bretagna era migliorato sensibilmente. Egli si era macerato nel desiderio della sua casa, dell'amore materno, della tranquillità familiare. E nel rimpianto degli anni di giovinezza perduti.
La casa non l'aveva ritrovata e aveva dovuto adattarsi a sistemarsi in qualche modo in un angolo di quelle due stanze che ospitavano la famiglia. Il padre era molto invecchiato, sempre generoso nell'animo ma taciturno e abulico. La sorella, che aveva lasciato poco più che bambina, si era trasformata in una magnifica ragazza, affettuosa ma tutta presa dall'amore per un giovane intellettuale dall'aspetto forbito e introverso.
Anche la madre aveva la figura palesemente invecchiata per via dell'appesantimento del corpo e del grigiore dei capelli, ma conservava l'energia del temperamento e si era appassionatamente impegnata, senza grande successo, a ricostruire il morale del figlio. Cercava di aiutarlo a superare le frequenti crisi depressive e scavava nell'animo di lui per capirne le ragioni. Egli, alla fine, si era confidato:
«Ho sognato per anni di tornare a casa e per quanto cercassi di convincermi che il tempo passava anche per voi non potevo rinunziare a immaginarvi così come vi avevo lasciati. Mi sono aggrappato al vostro ricordo che è stato il mio unico conforto. Ora mi sento vuoto, deluso. Ho ritrovato il vostro affetto ma non la vita che ho tanto sperato. Inoltre questo alloggio è una tana, nessuno di noi ha uno spazio per la propria intimità, e per giunta abbiamo sempre tra i piedi il fidanzato di Luciana. E un bravo giovane ma è anche ingombrante.»
(...)