il Libro

parte prima - capitolo sedicesimo

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A tarda sera la temperatura, che durante il giorno s'era mantenuta intorno ai cinque gradi, era scesa rapidamente. Milano viveva, al buio e al freddo, il terzo inverno di guerra.
Nuccio uscì dalla trattoria, dove aveva consumato una scodella di brodo vegetale e una omelette anemica, e si avviò rasentando i muri, col bavero del cappotto rialzato sino al volto. Conosceva la strada e camminava spedito, raggomitolato su se stesso per disperdere minor calore del corpo. Poco più avanti svoltò in via Calatafimi e, sospinto il portello socchiuso, varcò l'ingresso di un vecchio caseggiato popolare. Accese uno zolfanello per farsi luce e salì le scale sino al pianerottolo del secondo piano fermandosi davanti a una porta alla quale bussò con quattro leggeri colpi in rapida successione. Dopo un istante il battente si aprì e Nuccio, alla fioca luce che proveniva dall'interno, riconobbe la figura del giovane che si faceva chiamare Aldo.
Lo seguì in silenzio attraverso l'andito sino a una stanza arredata con logori mobili di soggiorno, al centro della quale, attorno al tavolo, sedevano tre uomini, due dei quali gli erano già noti. Imitandoli li salutò con un cenno del capo e sedette a sua volta. Ognuno si stringeva nel proprio cappotto per difendersi dal freddo.
Aldo indicò lo sconosciuto, che scrutava il nuovo venuto da sotto una folta chioma brizzolata, e rivolgendosi a Nuccio disse:
«II compagno Piero è rientrato nel pomeriggio dalla Svizzera. Gli abbiamo riferito le tue informazioni ed è un po' deluso, s'aspettava qualcosa di più.» Il brizzolato annuì con un battito delle ciglia.
«Purtroppo la situazione è quella che è» ammise Nuccio. «Le distanze c'entrano poco, viviamo in due mondi diversi.»
«Ma la guerra colpisce ovunque allo stesso modo» osservò l'uomo venuto dalla Svizzera.
«Dalle mie parti è vissuta con fatalismo. I meridionali sono anche più abituati a soffrire.»
L'altro gli chiese:
«Vuoi dire che sono irrimediabilmente rassegnati?»
«Non proprio, la critica è ora più frequente, il dissenso meno nascosto, ma non ci sono segni di disperazione.»
«Qual è la situazione alimentare?» chiese ancora Piero.
«Pessima, come dovunque, ma non a livello di fame come sento dire qui. Potrebbe peggiorare rapidamente da quando il prefetto s'è procurato una benemerenza con l'inclusione della provincia fra quelle a produzione agricola autosufficiente.»
«E non è così?»
«Sarebbe così se una gran parte dei terreni non fosse coltivata a tabacco per sette mesi dell'anno» rispose Nuccio. Gli altri si guardarono e Piero chiese ancora: «E come è vista la situazione militare, come è stata presa la disfatta di Russia, il massacro dell'Armir?»
(...)