i racconti - Nemmonnemmai

il treno

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introduzione, prefazione, causa d'onore, in piazza del Santo, quando non va, il Maestro, il chewingum, Giorgia, Ares contro Eros, il Potere, la fila, nemmonnemmai, il dubbio.


S’erano fidanzati alla conclusione della guerra e dopo un paio d’anni non avevano più voluto aspettare.
- Sposiamoci, la casa ce la faremo poco a poco. La situazione va a migliorare e il lavoro non manca. Ce la caveremo.
Ai parenti e agli amici più intimi avevano detto chiaramente:
- Se proprio volete farci un regalo dateci danaro. Ci aiuterà a risolvere i primi problemi.
Avevano raccolto una discreta sommetta e, fatti i conti, s’erano detti che potevano permettersi anche il viaggio di nozze.
- Qualche giorno, non di più. Potremmo andare a Milano, ospiti di zia Celeste.
Erano partiti in treno da Napoli il giorno dopo la cerimonia. Soltanto a Roma avevano trovato posto per sedersi e avevano trascorso il tempo a pentirsi del viaggio.
- Avremmo potuto passare un paio di giorni a Pompei, in un alberghetto. Saremmo stati tranquilli, avremmo speso meno ed evitato questa sfacchinata.
Il treno era gremito di passeggeri, i corridoi delle vetture erano intasati e coloro che riuscivano a sedere sulle proprie valigie si difendevano rabbiosamente dagli altri che sovrastandoli tentavano di bilanciarsi per rimanere eretti. Il convoglio sferragliava shakerando i viaggiatori sempre più esausti, molti soffrivano il caldo e molti invece imprecavano per le folate d’aria che entravano impetuose dai finestrini. I bambini dormivano o piangevano e di tanto in tanto qualcuno metteva mano alle provviste a base di formaggi e frittate spandendone gli odori. Cosi per quasi due giorni.
A Milano, però, si trovarono bene. Zia Celeste fu felice di ospitarli e la città, che non conoscevano, aveva un magnifico aspetto anche per l’accogliente tepore primaverile. La girarono in lungo e in largo, divertendosi ogni volta a indovinare gli itinerari senza ricorrere alle indicazioni dei vigili e rallegrandosi di non scorgere le tracce della guerra che invece deturpavano i paesi del sud. Visitarono il Duomo e s’inerpicarono verso le guglie sfuggendo ripetutamente a un severo custode che tentò invano di sorprenderli mentre incidevano i propri nomi sulla pietra. Seduti a un tavolo del Campari, in Galleria, sorseggiarono un aperitivo color rubino con scorzetta d’arancia osservando oziosamente la gente d’intorno.
Il godimento delle giornate fu intenso anche per l’euforia dei piaceri notturni. Lui scopriva lo stordimento del sesso con amore e lei si esaltava per la vibrante spontaneità dei propri abbandoni. Tuttavia una delle loro notti fu casta. Durante la passeggiata serale avevano sostato davanti ad una bancarella di libri curiosando, alla vivida luce della lampada appesa a una pertica, tra mille e mille volumi nuovi ed usati. Si tenevano allacciati strettamente, scorrendo i titoli e scambiandosi i ricordi delle proprie letture, quando lui, girando appena il capo, s’era visto affiancato da un giovane mingherlino, con baffetti da topo, intento come loro a far vagare lo sguardo. Alla sua mossa l’altro gli si era rivolto con un sorriso di complicità:
- Ma questa l’è una fiera di pornografia!
Era vero, molti dei libri erano chiaramente pornografici ma la confidenziale apostrofe lo infastidì. Strinse ancor più il braccio della moglie e la pilotò lontano.
Più tardi s’erano trovati alle spalle del Duomo e si erano uniti alla folla in attesa del tram. Sulla banchina centrale una giovane coppia era avvinta in un bacio senza fine, un’apnea inframmezzata da brevissime pause per riprendere fiato. Sia lui che lei erano alti e belli, eleganti, e apparivano persi l’uno nell’altra. Attorno a loro s’era fatto lo spazio come se tutti si sentissero in obbligo di non disturbarli.
Marito e moglie si lanciarono uno sguardo e tacitamente convennero di incamminarsi a piedi verso l’abitazione di zia Celeste. Lasciato il centro cercarono come al solito di orizzontarsi percorrendo strade già deserte e scarsamente illuminate. Erano quasi arrivati a destinazione quando scorsero un movimento nella zona d’ombra di un portone sull’altro lato della via e più avanti ebbero modo di mettere a fuoco quel che vedevano. Un uomo, di spalle, consumava l’amplesso con una ragazza appiattita contro lo stipite, testa rovesciata all’insù e braccia intorno al collo di lui. Il ritmo frenetico e il puntellamento sulle gambe davano all’uomo una sembianza canina.
Quella notte ognuno dei due ebbe ritegno di manifestare all’altro la propria passione, entrambi avevano vergogna di desiderare una cosa che improvvisamente sembrava loro sporca e banale.
Ripartirono dopo una settimana con il direttissimo per Roma via Genova-Pisa e, memori del viaggio d’andata, si recarono per tempo alla stazione. La maggior parte dei viaggiatori in partenza aveva però usato identica precauzione ed essi dovettero accontentarsi di sedere l’uno di fronte all’altra nello stesso scompartimento.
Dopo alcune ore di viaggio, quando la notte era già scesa e il sonno aveva cominciato a farla da padrone, lui sorprese la moglie che, appisolata, aveva finito col reclinare inconsapevolmente la testa sulla spalla del vicino, un giovane ufficiale dell’esercito che cortesemente si sforzava all’immobilità per non sottrarle l’appoggio. Lui la toccò e lei, sgranando gli occhi per un solo istante, si raddrizzò prima di sprofondare nuovamente nel sonno. L’ufficiale lanciò ad entrambi uno sguardo inespressivo.
Lui rifletté. I quattro posti di fronte, a partire dal corridoio, erano occupati da un’anziana coppia di coniugi, da sua moglie e dall’ufficiale. Egli sedeva invece tra un tizio corpulento che ronfava sonoramente e una coppia di donne, madre e figlia non ancora ventenne, dal lato del finestrino.
Valutò la situazione, attese pazientemente e quando il treno s’arrestò a una stazione con stridore e sussulti che risvegliarono tutti, tranne il grosso uomo che continuò a ronfare, si rivolse con garbo alla donna al suo fianco:
- Non vorrebbe, con sua figlia, scambiarsi i posti con il tenente e mia moglie? Per loro sarebbe lo stesso. Vuole?
Mentre l’ufficiale taceva la donna guardò perplessa la figlia, che girò gli occhi all’intorno come a misurare lo scompartimento prima di esclamare stizzosamente:
- Viaggeremmo in senso contrario a quello di marcia! Me lo dici come arriveremmo a Roma domattina?!?
Il treno riparti e mentre gli altri si riappisolavano lui restò sveglio a ruminare il proprio risentimento.
Dopo meno di un’ora il convoglio entrò nella stazione di Pisa e il locomotore imboccò il binario d’arrivo frenando la corsa sino ad arrestarsi dolcemente contro i respingenti del piazzale. Molti viaggiatori scesero per sgranchire le membra, alcuni arrivarono sino al buffet per rifocillarsi, l’interno degli scompartimenti si animò.
Poi le Carrozze sobbalzarono un paio di volte mentre da lontano giungeva lo stridore metallico di un aggancio.
Alcuni minuti più tardi un ferroviere isolò il locomotore che era stato alla testa del convoglio e le vetture se ne staccarono per ripartire all’indietro acquistando lentamente velocità verso lo stesso scambio dal quale erano venute.
Lui osservò le due donne al suo fianco. Con il capo ripiegato sul petto fingevano di dormire e di ignorare che ora volgevano le spalle alla direzione di marcia. Ma la ragazza, oltre alle palpebre chiuse e alle labbra serrate, aveva il volto in fiamme.
Non mi sfuggirai” pensò lui “Domattina non potrai sfuggirmi, ti costringerò a guardarmi. Non ho idea di come arriverai a Roma ma non potrai impedirmi di leggerti negli occhi. Hai tutta la notte per convincerti che per fare i furbi occorre esserlo davvero o avere la certezza che la Provvidenza stia dalla propria parte”.

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